I personaggi storici e mitologici ai quali abbiamo dedicato gli appartamenti
Ludovico il Moro, che molti storici fanno nascere proprio a Vigevano, fu reggente del Ducato di Milano dal 1480 al 1494 e successivamente Duca di Milano fino al 1499. Durante questi anni il suo ducato fu caratterizzato dalla presenza dei più importanti artisti e letterati dell’epoca e Vigevano visse il suo periodo storico di massimo sviluppo e splendore divenendo la residenza ducale scelta dalla famiglia Sforza e dalla sua corte.
Ludovico il Moro avviò un programma generale di trasformazione di Vigevano e della campagna circostante in una delle più magnifiche sedi della sua corte e tra i nomi degli intellettuali sollecitati a tradurre in realtà le sue idee ed aspirazioni, vi furono alcuni tra i massimi artisti e scienziati dell’epoca: Leonardo da Vinci e Donato Bramante.
Tre sono i luoghi in cui è possibile riconoscere e declinare le tappe di questo programma: la Piazza Ducale, il Castello e la fattoria Sforzesca, situata nella campagna a sud del borgo.
La Piazza Ducale
Tra il 1492 e il 1494 Ludovico riuscì a portare a termine un ambizioso progetto, realizzando ciò che non gli era stato possibile nemmeno a Milano: trasformare il maggiore spazio aperto pubblico di Vigevano, una larga contrada con alcuni portici sotto i quali veniva svolta un’intensa attività mercantile, in una splendida piazza, che con l’ampiezza, l’uniformità dei fronti e la raffinatezza delle decorazioni affrescate, riuscisse a riproporre il modello ideale del forum romano, così come descritto nelle pagine del trattato di architettura del romano Vitruvio (I sec. a.C.) e che era stato ripreso nel trattato quattrocentesco di Leon Battista Alberti, uno dei maggiori architetti intellettuali del Rinascimento.
Espropriate e demolite diverse case, furono edificati portici su solide colonne lapidee con due piani superiori, caratterizzati da aperture e altezza uniformi; i fronti continui erano interrotti solo dalla facciata obliqua della chiesa maggiore di Vigevano (oggi nascosta dallo scenografico fronte barocco grazie alle modifiche apportate alla piazza nel 1680 dal genio architettonico del vescovo Caramuel) e dalla rampa di accesso al castello, che in origine prorompeva nella piazza dando ben altra predominanza alla snella torre che ne dominava l’ingresso. Le semplici pareti di questa grande “stanza” urbana furono poi trasfigurate attraverso una decorazione ad affresco che simulava un’assai più complessa e raffinata architettura di sapore classicheggiante: finte trabeazioni continue con bellissimi fregi a coronare il piano delle arcate e quello delle finestre; in mezzo un ordine di colonnine a candelabra; grandi archi di trionfo alla romana in due punti in cui le vie del borgo entravano nella piazza, corrispondenti alle attuali Via del Popolo e Via Giorgio Silva.
Il Castello
Con il Moro il progetto sforzesco si attuò in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il processo di trasformazione del castello in residenza dinastica. Il cortile, occupato in origine dall’antico borgo, venne svuotato dalle residue costruzioni, si costruirono la terza scuderia, detta per questo di Ludovico, e l’edificio delle cucine, realizzato con la demolizione dell’antica chiesa di S. Ambrogio e collegato al maschio da un edificio a ponte, chiudendo così il circuito di edifici a contorno dell’ampio cortile.
Il maschio venne ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante e aperto verso est. Del complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del loggiato addossato alla strada coperta e lo svuotamento del giardino con l’abbassamento al livello attuale, solo l’edificio sud chiamato “loggia delle dame”.
La fattoria Sforzesca
Il Moro ebbe sempre un forte interesse verso l’agricoltura e le moderne tecniche di coltivazione. Al fine di sviluppare l’economia agricola del luogo, dapprima si occupò, in accordo con i suoi architetti e ingegneri di corte, di dare vita alla prima grande bonifica del territorio, poi potenziò il sistema fognario e idrico e costruì quello che è il progetto di una grande azienda agricola autonoma in grado di non dipendere dall’esterno. Questa “fattoria” si trova a sud della città e venne chiamata Sforzesca.
Cfr. https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-sforza-duca-di-milano-detto-il-moro/
Forse il più grande architetto del Rinascimento, il Bramante fu attivo verso la fine del 1400 presso la corte sforzesca e fu spesso presente a Vigevano.
La torre del castello sovrastante la Piazza Ducale con le sue forme slanciate ed eleganti è indubbiamente opera del suo genio.
Alla fine del XV secolo anche la torre, come tutto il resto del castello e della piazza sottostante, subì un profondo rinnovamento per opera del duca Ludovico Maria Sforza, detto il Moro.
Della torre medievale edificata a più riprese a partire dal 1198 non si conoscono né forma né altezza, ma le cronache riportano che già a partire dal 1400 sulla torre vi erano collocate le campane e un orologio con ruote e ingranaggi.
Il Moro fece demolire in parte la vecchia torre medievale e avvalendosi del Bramante ne fece costruire una nuova, la cui parte più elevata venne eretta a imitazione della Torre del Filarete al Castello Sforzesco di Milano.
Una lapide posta alla base del monumento ricorda l’intervento voluto dal Moro, il quale viene celebrato per aver dotato Vigevano di una nuova “bellissima torre”.
L’attività dell’architetto urbinate a Vigevano è documentata con più certezza nel castello, anche se le strutture attuali ne conservano più degli indizi che delle prove. Lo stile e la visione del Bramante si ritrovano nella Falconiera, edificio destinato all’allevamento dei falchi da caccia, e nella Loggia delle Dame, la parte del Castello destinata a residenza della moglie del Moro Beatrice d’Este e alla sue dame.
Di questa architettura (purtroppo oggetto di radicali ridipinture nel Novecento), se non dell’ideazione dell’intera Piazza Ducale, viene quasi unanimemente riconosciuto responsabile Donato Bramante (piuttosto che Leonardo), non a caso giunto in Lombardia come pittore “prospettivo”, capace cioè di rappresentare spazi illusionistici sul piano grazie all’artificio prospettico.
Cfr. https://opencms10.cittametropolitana.mi.it/bramante/Opere_Lombarde/02-Vigevano-Piazza-Ducale.html
Il grande genio del Rinascimento, scienziato, ingegnere, architetto, pittore e scultore, sviluppò uno stretto legame con Ludovico il Moro il quale apprezzava le sue eccellenti capacità artistiche e il genio scientifico e matematico. Per il Duca Leonardo progettò con versatilità sistemi d’irrigazione e macchine da guerra, dipinse ritratti e studiò e predispose scenografie per le feste di corte. Oltre a soggiornare a Milano, Leonardo trascorse molte giornate a Vigevano e alla Sforzesca.
A Vigevano Leonardo studiò le Scuderie del Castello, costruite durante il ducato di Ludovico il Moro nel 1490. La prima scuderia ducale, secondo diversi studiosi, sarebbe infatti servita da ispirazione per il modello di stalla disegnata da Leonardo nel Manoscritto B di Parigi e nel Codice Trivulziano.
Nel disegnare la sua città ideale, Leonardo si ispirò a Vigevano dove il Castello e la Piazza Ducale costituiscono un possibile modello architettonico di moderno sviluppo urbano.
Leonardo da Vinci soggiornò diverse volte a Vigevano percorrendo le fertili campagne annotando sui suoi taccuini le scale d’acqua, i mulini, il modo di sotterrare le vigne dei contadini per proteggerle dai rigidi inverni.
Alla Sforzesca, Leonardo studiò il problema della regolamentazione delle acque nelle campagne verso il Ticino, proprio nel periodo in cui era impegnato a Milano nella realizzazione del Cenacolo.
All’interno del manoscritto H, al foglio 65 v., compare un’osservazione che permette di datare con certezza uno dei suoi passaggi: “Adì 2 di febraio 1494 alla Sforzesca ritrassi scalini 25 di 2/3 di braccio l’uno largo braccia 8”.
La scala d’acqua, tuttora esistente nei prati della Sforzesca, è testimonianza del suo interesse verso soluzioni idrauliche ed irrigue innovative che, durante la signoria del Moro, riguardarono l’introduzione di nuove colture agricole e nuovi allevamenti a supporto dell’economia di Vigevano.
Alla fine del Quattrocento Vigevano conobbe un momento di straordinario splendore economico, politico e culturale. Il Duca di Milano, particolarmente legato alla città di Vigevano, volle trasformarla nella sua corte d’elezione, forse ispirato dall’architettura del Vitruvio e dai suoi studi sulla città ideale, avvalendosi contemporaneamente di due artisti del calibro di Bramante e Leonardo. Nessuna città al termine del XIV secolo, neppure Firenze e Roma, può vantare di avere ospitato in contemporanea il maggiore architetto dell’epoca ed il più grande pittore.
La figura di Leonardo e la sua opera così poliedrica sono indissolubilmente legate alla stagione sforzesca che, pur se breve, ha visto Vigevano oggetto delle grandi trasformazioni architettoniche ed economiche fortemente volute da Ludovico il Moro.
Il Castello e la Piazza Ducale permangono quali rilevanti e incomparabili testimonianze di questa visione urbanistica e architettonica, insieme a la Sforzesca, la rete dei navigli, i mulini e le cascine.
Cfr. https://www.leonardodavinci-italy.it/regione-lombardia/citt%C3%A0-di-vigevano
Durante le discese del Barbarossa in Italia, Vigevano venne a trovarsi in mezzo alle dispute fra Pavia e Milano. I vigevanese si schierarono con i pavesi e spesso nelle battaglie fra i due eserciti lasciarono molti uomini sul terreno.
Contesa tra Milano e Pavia e attribuita a quest’ultima nel 1154 dal Barbarossa, Vigevano fu presa nel 1157 dai Milanesi e le truppe pavesi in ritirata si rifugiarono nel castello di Vigevano venendo sconfitte dai milanesi che incendiarono la cosiddetta Rocca Vecchia del castello.
L’imperatore Barbarossa fece ritorno in Italia nel 1158, assediando e conquistando Milano dopo vari tentativi.
La leggenda narra che il 24 maggio 1164, l’imperatore Federico Barbarossa concesse ai fratelli vigevanesi Gherardo, Ortensio e Bernardino Biffignandi il privilegio perpetuo di cavare le sabbie e le ghiaie aurifere del fiume Ticino. Tale concessione in segno di riconoscenza per avere la famiglia Biffignandi fatto costruire a proprie spese un ponte sul fiume Ticino per permettere alle truppe del Barbarossa di attraversarlo.
Un antenato della famiglia, Pietro Biffignandi, aveva fondato un insediamento rurale già a partire dal 1133 sulle coste del Ticino, presso la località tuttora detta Buccella, a pochi chilometri da Vigevano.
Lo storico e cancelliere vigevanese Simone dal Pozzo (1492 – 1575 circa) cita nelle sue cronache che nel 1099 il vigevanese Oberto Biffignandi era tornato carico di gloria dalla Prima Crociata: Vigevano era quindi in grado di armare un proprio esercito.
La ricerca dell’oro nel fiume Ticino, si perde nelle storie e nella tradizione, tramandata dai cercatori di questo prezioso metallo, che affiora e viene raccolto con il setaccio non sotto forma di pepite ma in minuscole pagliuzze di oro purissimo.
Cfr. http://www.museoimprenditoriavigevanese.rcvigevanomortara.info/home/archivio/01—la-parte-storica
La Sforzesca è un piccolo borgo situato a due chilometri da Vigevano, sulla strada che porta a Pavia. Con la costruzione del Colombarone alla Sforzesca il Moro inaugurò nel 1486 la prima delle sue grandi opere concepite per trasformare Vigevano in una residenza ducale.
Il complesso presenta la tipica disposizione dei castelli di impronta sforzesca, con quattro corpi di fabbrica ad uso abitativo (i “colombaroni”) al posto dei classici torrioni d’angolo, a proteggere l’impianto di forma quadrata.
La Sforzesca rappresenta il primo progetto di produzione in autonomia delle ricche risorse del territorio vigevanese e lomellino come i frutteti e gli orti, insieme all’introduzione dell’allevamento dei bachi da seta per la fabbricazione di tessuti pregiati destinati alle corti di tutta Europa che avrà enorme successo e contribuirà notevolmente all’economia del luogo.
L’intervento architettonico voluto da Ludovico il Moro comportò l’inserimento di diverse abitazioni ognuna con acqua corrente, destinate alle maestranze che lavoravano a corte: maniscalchi, panettieri, sarti, fabbri, addetti alle manutenzioni, agricoltori, e nella parte sud, stalle per cavalli e animali da allevamento per la produzione di carni da vendere nei mercati.
L’eccezionalità architettonica e la unicità della Sforzesca sono giustificate dall’essere il primo esempio assoluto di complesso agricolo a corte chiusa, archetipo delle cascine agricole lombarde che si svilupparono nei secoli successivi fino ai giorni nostri.
A testimonianza di questo primato e della coscienza che il Moro ebbe della sua opera, la Sforzesca risulta essere l’unico insediamento agricolo del XV secolo che prende il nome dal casato del fondatore e che può fregiarsi di lapidi commemorative che ne celebrano la fondazione e la visione politica ed economica del committente.
A Vigevano nel XIV secolo, con la definitiva affermazione della signoria dei Visconti, il rapporto con Milano diventa preferenziale. E’ in questo periodo che si pongono le premesse per la trasformazione dell’antico castello di Vigevano da sito fortificato in raffinata residenza signorile.
Luchino Visconti, podestà di Vigevano nel 1319 e nel 1337, iniziò una grande trasformazione del castello e del borgo. A lui si deve il progetto della Rocca Vecchia, luogo di difesa fuori dal castro, che si raggiungeva mediante una strada coperta.
La Strada Coperta realizzata nel 1347 da Luchino Visconti, è un’opera di mirabile ingegneria militare, unica nel suo genere. Lunga 164 metri ed ampia 7,50 metri, consentiva di spostare in sicurezza e riservatezza da un a parte all’altra del castello uomini, carrozze e cavalli e permetteva ai signori di Milano di entrare e uscire dal Castello senza essere visti dagli abitanti del borgo, riuscendo a dileguarsi e fuggire in caso di pericolo.
Il complesso architettonico del Castello di Vigevano si sviluppa nel suo insieme di edifici su una superficie di oltre 70.000 mq e di 36.000 mq di cortili, rendendolo uno dei complessi fortificati più grandi d’Europa. Nella sua estensione il castello potrebbe contenere due volte Buckingham Palace, tre volte la basilica di San Pietro e sei volte il Duomo di Milano.
Cfr. http://www.visitvigevano.it/castello-sforzesco-vigevano/
Cfr. https://www.comune.vigevano.pv.it/turismo/it/cosa-vedere/il-castello-e-il-palazzo-ducale
Spagnolo di nascita, di nobile casato fiammingo, monaco cistercense, grande erudito, matematico, filosofo ed architetto, fu Vescovo di Vigevano dal 1673 fino alla sua morte.
Alla sua intuizione e visione architettonica si deve la sistemazione della Piazza Ducale così come oggi la vediamo. Caramuel modificò in modo radicale l’opera creata da Ludovico il Moro, modificandone l’assetto originario che era stato progettato dal Duca per dare risalto alla torre bramantesca e al castello quale rappresentazione della potenza della famiglia Sforza e del Moro.
Caramuel volle uniformare i tre porticati della piazza Ducale, eliminando una grande rampa che introduceva al Castello, ove oggi si trovano le scale sotto i portici che conducono alla torre, ed eliminando anche le due interruzioni dei portici costituite dai cosiddetti archi trionfali che si trovavano all’incrocio della piazza con le odierne Vie del Popolo, proprio a lato di N°30 CHARME e la via Giorgio Silva.
La chiesa di S. Ambrogio, in stile romanico, preesistente alla costruzione della piazza, presentava la facciata in mattoni non in asse con la piazza, rimanendo fuori asse e non delimitando propriamente l’opera del Moro, come si può notare nel disegno qui di seguito.
Caramuel, unendo con sapienza le forme rinascimentali della piazza a quelle barocche del Duomo, progettò e realizzò la facciata concava della chiesa che costituisce oggi uno degli elementi caratteristici della piazza e si collega in modo armonico agli altri tre lati, racchiudendo la piazza con una scenografica quinta teatrale.
In questo modo, la torre del Bramante cessò di dominare la piazza mentre la chiesa ne divenne l’elemento principale: la Piazza Ducale si trasformò quindi in “Piazza del Duomo”, andando a sottolineare la predominanza del potere ecclesiastico sul potere ducale.
Cfr https://it.wikipedia.org/wiki/Juan_Caramuel_y_Lobkowitz
Cfr. https://passionarte.wordpress.com/2012/11/12/la-piazza-ducale-di-vigevano-dal-xv-al-xx-secolo/
Le tigri bianche popolano i nostri appartamenti, unendosi alle figure fantastiche di fauni, centauri e arpie raffigurate negli affreschi della Piazza Ducale, tutti animali dal forte simbolismo, che i nostri Ospiti hanno il privilegio di ammirare da una posizione straordinaria.
Dall’aspetto misterioso ed emozionante insieme, la tigre è considerata un simbolo di potenza, forza istintiva, ed energia, racchiudendo in sé un grande insieme di valori e significati.
E’ associata al principio cinese Yang, l’equivalente della forza maschile, ma la tigre bianca è anche associata allo Yin, l’elemento di forza femminile. Nella cultura cinese la tigre è il più maestoso e regale tra gli animali e gode di un profondo senso di rispetto e timore reverenziale, suscitato dalla sua eleganza, vitalità e vigore.
Contraddistinta dalla forza e dalla capacità di resistere nei momenti più duri, la tigre bianca stimola l’individuo a continuare sul proprio cammino spirituale evitando la violenza a favore della calma e del controllo degli impulsi, riuscendo a mediare tra aggressività e autocontrollo.
Protegge le abitazioni e la sua potenza è temuta dai demoni e dagli spiriti del male.